Margherita ha avuto e tuttora mantiene contatti con artisti, professori e personalità sia della zona lombarda, sia allargando la sua cerchia di conoscenze e amicizie lungo tutta la penisola. Tuttavia la sua vera sede operativa, la sua "città d'adozione", rimane Carrara, mito nella storia dell'arte e della scultura, centro principale dell'estrazione e lavorazione del marmo. Margherita divide il suo tempo fra Brescia e Carrara, il patrimonio naturale più invidiato del mondo, che racchiude la ruvida durezza delle cave. Gran parte della sua arte del resto è inseparabile da questi suoi spostamenti. E' lei stessa che, già serbando un progetto nella sua mente, si reca nella cava, sceglie accuratamente il masso ancora grezzo, ed esegue il lavoro di "sgrossatura" per opere non troppo grandi tagliando con il disco elettrico. Poi abbozza, toglie il superfluo con il martello ad aria compressa, le mazzette e lo scapezzatore. Comincia così ad arrotondare e a smussare, smodellare con lo scalpello i vuoti tagliati con violenza. Spesso modifica la "maquette" (il modellino, il bozzetto preparatorio) iniziale e imprime il suo estro su un materiale inizialmente anonimo e sgraziato. Naturalmente per questo laborioso processo, Serra si appoggia ad un laboratorio: il Laboratorio Nicoli. Questo studio è stato fondato tra la fine del '700 ed i primi anni dell'800; è uno dei più importanti al mondo e nei suoi locali hanno lavorato artisti che con le loro opere hanno contribuito a scrivere le pagine più importanti nella storia dell'arte moderna e contemporanea, da Arturo Martini a Lorenzo Viani, a Louise Bourgeois, Anish Kapoor, Antoine Poncet. Alla luce di ciò che è stato detto, si può affermare che il marmo di Carrara, estratto da queste cave, ha dato gloria a molti illustri scultori italiani, non solo in questi ultimi secoli, (basti pensare a Michelangelo o a Canova) perciò questo materiale antico, che ogni volta si rinnova, esige un trattamento di grazia e dolcezza. Margherita Serra cerca di fare proprio questo, infondendo calore e tenerezza in tutte le sue opere, concetto ben inteso da Elda Fezzi , critico dalla rara sensibilità. Brescia d'altro canto l'ha sempre accompagnata e riconosciuta nel suo ruolo di scultrice. Le sono state commissionate svariate opere pubbliche, quello di maggior rilievo è sicuramente il "Monumento ai Caduti nei Lager" in via Vittorio Veneto: il progetto è stato affrontato con una vena assolutamente scarna e geometrica, ricavandone dal blocco il significato intimo che l'opera possiede in sé, a ricordo di chi ha vissuto indimenticabili momenti di inumana sofferenza. Anche la sua prima personale come pittrice figurativa ha avuto luogo a Brescia, precisamente a Cellatica, alla Galleria Comunità Giovanile nel 1971-72 dove Margherita ha esposto quadri di gusto naturalistico-lirico. Ma come afferma l'artista stessa "i ritratti e le nature morte non erano più sufficienti per esprimere ciò che mi urgeva nel profondo dell'animo". A Milano, realtà urbana che fin dal XIII secolo ha puntato al meccanismo economico, pratico e scientifico, Margherita ha appreso le tecniche e le teorie di un'architettura avanzata, tecnologica, rigorosamente schematica, disapprovando però l'automatizzazione dell'uomo, e la vita resa sempre più meccanica. Questi dissidi prenderanno vita nei suoi lavori grafici (dal 1977 al 1980): "Strage-ambiente", "Artificio", "Assemblage biomorfico meccanico", disegni colmi di tensioni soffocanti, tratteggi dagli intrecci oscuri, lacerazioni inquiete e sofferenti. La tappa nel campo della grafica si rivelava una vera svolta nel suo lavoro: a metà degli anni '70 ella si distacca dal figurativo e comincia a plasmare e sperimentare nuove soluzioni. Assieme alle chine, inizia ad esprimersi con la tenera creta, ma il materiale è troppo malleabile, troppo affabile forse, per il temperamento combattivo di Margherita. Frutto della sua geniale operosità, costantemente febbrile e feconda, è la sperimentazione su altri materiali e l'assemblaggio di questi ultimi per riuscire a dare spazio alle sue impetuose emozioni, ai suoi agitati sentimenti; proprio come i titoli delle sue opere Margherita è in continua espansione, in liberazione dai suoi fantasmi interiori. Aprendo una breve parentesi storica, credo sia importante sottolineare che tutto il secolo è stato attraversato dalla problematica della scelta dei materiali, saturo probabilmente dell' "effetto bronzo", connaturato al verismo tardo ottocentesco che ha portato poi ad una sperimentazione spregiudicata nell'uso di tutti i materiali, sia in senso innovativo, sotto le suggestioni della tecnologia (vetro, ferro, alluminio), sia in senso storico, con la riappropriazione delle materie primordiali (la creta, il legno, la pietra).